Mi posso adattare ad ogni situazione?
Il Mesoderma recente si distingue da tutti gli altri foglietti embrionali perché risente maggiormente degli eventi traumatici. Ma è sempre così?
MESODERMA RECENTE: UN BASTONE FRA LE RUOTE?
Sicuramente il mesoderma recente appare come il foglietto embrionale più discusso nell’ambiente delle leggi biologiche. La recidiva e soprattutto il tessuto esuberante tipico delle fasi riparative dei programmi biologici regolati dal midollo cerebrale rendono difficoltosa qualsiasi tipo di indagine, qualora la stessa non venga attuata nell’immediato o per lo meno poco tempo dopo lo scatenarsi del processo bifasico. È anche interessante il fatto che ci sia incertezza nel collocare il senso biologico di questi programmi. Hamer credeva che il senso risiedesse nella fase di soluzione, in quanto pensava che il tessuto in eccedenza rendesse l’organo più forte. Tuttavia, effettivamente le funzionalità del tessuto risultano maggiori in fase attiva, quando le necrosi rendono i tessuti più duttili ed elastici in relazioni alle necessità che un preciso evento richiede. Superare un difensore e segnare, svincolarsi da una relazione affettiva scomoda, liberarsi di un collega che mi sta sempre con il fiato sul collo. In tutti questi casi il cervello si pone l’obiettivo di aiutare il soggetto a superare queste situazioni e di conseguenza, se il percepito è quello della svalutazione, attiverà programmi speciali che porteranno alla necrosi in fase attiva di determinati organi.
Il problema, come già abbiamo appurato, è il fatto che una volta attivato il programma e quindi la riparazione con tessuto in esubero (fino al 20%), un eventuale ritorno alla “situazione di origine” non è obiettivo da poco. Inoltre, eventuali recidive costanti nel tempo possono portare ad un indebolimento del tessuto coinvolto dal conflitto emotivo, tale da danneggiarlo in modo definitivo. È il caso delle fratture non traumatiche, la rottura di un legamento o un banalissimo strappo muscolare.
Il risentito emotivo legato ai tessuti del mesoderma recente, come già spiegato, è quello della svalutazione. Inoltre, in organi come ossa, muscoli, vene e tessuto connettivo risiede tutto il valore che un individuo dà a sé stesso.
In una società competitiva come quella occidentale, è facile intuire come questo tessuto possa essere quello maggiormente colpito, in quanto ogni giorno ci troviamo in situazioni in cui dobbiamo esporre il nostro valore. In casa, con il partner o con il proprio datore di lavoro. Talvolta anche con i figli.
Tuttavia, il mesoderma recente è strutturato in maniera tale che il soggetto possa adattarsi alle situazioni che la realtà impone e di conseguenza è anche molto difficile morire nella prima fase sintomatica (fase riparativa A) o ancor peggio durante la crisi epilettoide. È anche molto difficile che in questi programmi il soggetto possa morire per opera dell’edema cerebrale, ovvero la massa d’acqua che il cervello “richiama” per ristabilire l’equilibrio elettro-chimico che lo shock emotivo ha provocato. Per quanto riguarda i programmi del midollo cerebrale, la morte è la soluzione per chi non vede più una soluzione. Essa sopraggiunge quando il risentito della svalutazione è assoluto e viene gettata letteralmente la spugna.
SISTEMA LINFATICO E MILZA
In questo articolo desidero affrontare un’altra struttura del corpo, facente parte dei tessuti regolati dalla sostanza bianca del neo-encefalo, ovvero il sistema linfatico. Si tratta di un intricato insieme di vasi, parallelo all’apparato circolatorio, dove scorre la linfa, un liquido che riempie gli interstizi tra le cellule corporee. La funzione del sistema linfatico è di drenare la linfa che si trova nei vari distretti del corpo. La linfa raccoglie a tutti gli effetti quello che può essere definito “il prodotto di scarto” del metabolismo cellulare. Oltre alla parte “acquosa”, la linfa è composta anche dai linfociti, già incontrati nell’articolo dedicato al processo leucemico, i quali portano a compimento la loro formazione nel passaggio tramite altri organi del sistema linfatico come il timo, la milza e i linfonodi. A differenza del sistema circolatorio, dove il sangue viene pompato tramite l’azione del cuore, la linfa viene fatta scorrere all’interno dei vasi linfatici grazie all’azione dei muscoli, motivo per cui in situazioni di costante mancanza di movimento possono formarsi degli edemi linfatici, ovvero accumuli di linfa non drenata in un determinata regione del corpo.
In pratica, per immaginare la funzione che il sistema linfatico svolge all’interno dell’organismo, dovete pensare al camion della spazzatura che passa ogni mattina per ritirare i rifiuti che avete posizionato fuori dalla porta di casa. C’è la giornata in cui passano a ritirare la plastica, un’altra per la carta e un’altra ancora per gli umidi. La linfa ha più o meno la stessa funzione del netturbino: porta via la spazzatura e in generale tutto ciò che non ha più alcuna funzione all’interno dell’organismo.
Inoltre, il sistema linfatico ricopre anche funzioni metaboliche, in quanto provvede all’assorbimento dei trigliceridi e in parte anche alla metabolizzazione delle proteine.
A tutti gli effetti, il sistema linfatico rappresenta un’estensione dell’apparato circolatorio, in quanto ne acquisisce il contenuto che non è stato assorbito dai tessuti, per poi filtrarlo attraverso i linfonodi e gli altri organi linfatici e reimmetterlo nuovamente all’interno del flusso sanguigno attraverso il dotto toracico e linfatico destro. A differenza del sistema circolatorio, quello linfatico non è un apparato circolare, ma funziona “a senso unico”. Si dice infatti che i vasi periferici, deputati ad immettere nel flusso linfatico il prodotto proveniente dal sistema circolatorio, abbiano inizio a “fondo cieco”. I vasi poi proseguono in direzione del torace dove diventano sempre più grossi e riversano la linfa nel sistema venoso, tramite i dotti sopra citati. Per questo motivo, l’attività fisica è importantissima per mantenere la muscolatura attiva e di conseguenza rendere il flusso linfatico efficiente e fluido, essendo i muscoli, come specificato precedentemente, gli unici ed effettivi “motori” dell’intero sistema linfatico.
Dal punto di vista del senso biologico, ci troviamo ovviamente nell’ambito della “svalutazione”. Sia per i linfonodi che più in generale per l’intero sistema linfatico, Hamer attribuiva a questi programmi un conflitto di svalutazione legato alle relazioni sociali, anche in ambito affettivo. Tuttavia, è la localizzazione dell’attivazione biologica a parlare del conflitto, motivo per cui un linfoma ascellare non avrà sicuramente la stessa origine di un linfoma alla milza, dove per esempio il risentito emotivo è oggettivamente legato al sangue, come abbiamo visto nell’articolo dedicato al midollo osseo.
La milza, infatti, ha l’importante ruolo di filtrare il sangue ed immagazzinare le piastrine in eccesso che altrimenti potrebbero portare alla formazione di coaguli di sangue all’interno del sistema circolatorio. Essa si può attivare nel momento in cui il percepito è quello di aver subito una grave emorragia o che il sangue non sia nel posto in cui dovrebbe essere.
Il programma della milza ha lo stesso decorso di tutti i tessuti del mesoderma recente e il processo che porta all’eccesso di tessuto in questo caso prende il nome di “splenomegalia”.
Effettivamente, osservando questo programma risulta particolarmente difficile pensare che il senso biologico risieda nella fase di riparazione, dove la milza appare non solo ingrossata, ma anche ad alto rischio di rottura del tessuto con conseguente riversamento di sangue all’interno dell’addome. La necrosi della fase attiva, al contrario, garantisce l’immagazzinaggio delle piastrine in eccesso per evitarne un maggior afflusso all’interno del sistema circolatorio.
Per quanto riguarda i linfonodi, la situazione è diversa. Essi infatti sono strettamente legati al distretto scheletrico a loro adiacenti. Infatti, la localizzazione delle aree cerebrali dei centri linfonodali si trovano in prossimità dei relativi centri scheletrici. Persino il decorso è praticamente lo stesso di quello delle ossa, con la classica necrosi in fase attiva che renderà il tessuto linfonodale spugnoso e pieno di cavità. In fase di riparazione, il tessuto viene ricostruito in eccesso. Il tumore dei linfonodi viene chiamato “linfoma” e molto spesso viene confuso con i rigonfiamenti dovuti al ristagno linfatico già accennato in precedenza. Normalmente, gli ingrossamenti dovuti al ristagno vengono considerati “tumori benigni” e possono peggiorare radicalmente in concomitanza di attivazione dei collettori renali (conflitto del profugo). I linfomi veri e propri, ovvero quelli che presentano mitosi cellulare, sono invece definiti nell’ambito della medicina ufficiale come “tumori maligni”. Un particolare tipo di tumore dei linfonodi è il linfoma di Hodgkin la cui causa è ricondotta ai linfociti B, ma sulla quale non c’è ovviamente molta chiarezza. In realtà si tratta di una fase di soluzione del programma speciale dei linfonodi e Hamer interpretava lo sviluppo mitotico come un rafforzamento e quindi un aumento della funzionalità dei linfonodi.
In realtà, se il senso risiede nella fase attiva del conflitto, lo si può interpretare come la necessità di filtrare più linfa al fine di garantire una maggiore “pulizia” negli interstizi cellulari, ma soprattutto nel sangue, attraverso la necrosi del tessuto interno linfonodale. L’ingrossamento dei vasi linfatici che si manifesta nella fase riparativa porta solamente ad una congestione linfatica, aumentando il rischio di eventuali ristagni.
Non si capisce a questo punto come possa essere possibile attribuire il senso biologico del programma alla fase in cui le funzionalità dell’organo viene a tutti gli effetti meno. Non è escluso che Hamer in questo caso possa aver pescato un piccolo granchio! Ovviamente si tratta di un’ipotesi e sarò ben lieto di essere smentito a riguardo, qualora qualcuno avanzasse una spiegazione più plausibile.
TIMO: LA GHIANDOLA DELLA FELICITÀ?
Un altro organo di enorme importanza ma sul quale la medicina germanica non si è ancora spesa efficacemente è il timo. Si tratta di un organo che può essere classificato come facente parte di due sistemi contemporaneamente: linfatico ed endocrino (ghiandolare). Esso compie diverse funzioni, tra le quali il completamento della maturazione dei linfociti prodotti dal midollo osseo ed immessi nel flusso linfatico. Inoltre, se vogliamo riprendere la metafora del netturbino, il timo rappresenta la discarica dove i rifiuti vengono stoccati ed eliminati definitivamente. Nella fattispecie, esso ha l’arduo compito di eliminare eventuali cellule infette da virus, funghi, parassiti e in generale microbi che sono sopravvissuti all’attività dei macrofagi. Come collocazione, lo troviamo esattamente al di sopra del pericardio, dietro lo sterno, sotto la ghiandola tiroidea. Esattamente come quest’ultima, il timo è formato da tre tessuti principali: midollare, corticale e linfatico. Il fatto che sia poi anche vascolarizzato ed innervato complica ulteriormente eventuali analisi su attivazioni biologiche che lo coinvolgono. Dal punto di vista del senso biologico, tuttavia, non ho personalmente avuto modo di approfondire la questione direttamente, interrogando persone che hanno avuto problemi con la suddetta ghiandola, né tanto meno sono riuscito a trovare documentazione su come Hamer e in generale i divulgatori di leggi biologiche abbiano mai interpretato il conflitto specifico che ne coinvolge i tessuti.
Tuttavia, nel mondo della divulgazione esoterica, si parla moltissimo di questa ghiandola e la cosa che mi ha colpito di più è che per molte culture il timo è legato al concetto non tanto di guarigione, bensì di “volontà di guarire” da qualcosa che in qualche modo attanaglia la vita di un individuo.
Probabilmente esiste molta letteratura a riguardo sulla quale ancora non ho avuto modo di porre la mia attenzione, tuttavia ho trovato un sito nel quale ci sono alcune informazioni, a mio avviso molto interessanti, sulle diverse letture che sono state date nel corso dei secoli sul timo, sia da un punto di vista fisiologico che da un punto di vista esoterico. Suggerisco pertanto al lettore di cliccare sul seguente link, qualora senta la necessità di approfondire questa enorme tematica.
INTIMA ARTERIOSA E VENOSA
Come nella milza, riusciamo ad essere decisamente più precisi osservando i programmi dell’intima dei vasi venosi e arteriosi. Anche in questo caso le aree cerebrali che regolano i vari distretti sono prossime alle aree scheletriche in cui gli stessi vasi si sviluppano. Il processo di necrotizzazione dei vasi venosi avviene nei conflitti di autosvalutazione per non sentirsi liberi di muoversi come si vorrebbe. “Non mi sento libero di fare quello che voglio”. La parte del corpo interessata permette ovviamente di essere ancora più specifici nell’analisi, pertanto qualora il programma coinvolgesse le vene della caviglia, potremmo presupporre una situazione come la seguente: “una palla al piede”. Se invece dovesse manifestarsi sulle braccia ci troveremmo di fronte ad un risentito come “ho le braccia e le mani legate”. Il decorso prevede necrosi e atrofia in fase attiva, con lo scopo di rendere più scorrevole il flusso del sangue e di conseguenza favorire il movimento che il soggetto non è in grado di fare. In questa fase non ci sono sintomi, a meno che non ci troviamo di fronte ad un processo recidivante dove le varici formatosi nel corso dei vari conflitti provocano crampi e dolori acuti. In riparazione, come di consueto, il tessuto viene ricostruito in esubero, diventando più spesso e rigido. Il problema in questo caso è che le contrazioni venose possono romperlo provocando ulcere varicose con possibili emorragie o ancor peggio, liberare nel sangue componenti solidi del tessuto in esubero che possono sviluppare “trombi” e bloccare la circolazione sanguigna.
Lo stesso programma viene messo in atto per l’intima mesodermica dei vasi arteriosi, con la differenza che in fase di riparazione il tessuto utilizza un composto lipo-calcareo, più conosciuto come colesterolo, formando delle placche nelle aree coinvolte dal processo necrotico. Sono le cosiddette “placche arterio-schlerotiche”, anch’esse molto pericolose in quanto aumentano il rischio di rilasciare nel flusso sanguigno composti solidi che possono causare quella che viene definita “arterio-sclerosi”, ovvero occlusione e stasi della circolazione sanguigna.
In casi di conflitti locali, come nel caso di una forte botta subita, è facile che vengano attivati anche i programmi mesencefalici della muscolatura liscia (vedi articolo sul mesencefalo e le cellule germinali). Questo avviene perché la necrosi traumatica rende la vena (o l’arteria) più debole e di conseguenza la muscolatura si rafforza al fine di garantire e mantenere il funzionamento della vena (o l’arteria) ed evitare la rottura della stessa. Come avrete ormai ben capito, anche in assenza di shock emotivi, il corpo è perfettamente organizzato per ottemperare ad ogni necessità contingente, qualsiasi sia la sua origine.
Tuttavia, anche in questo caso Hamer sosteneva che il programma avesse il senso di rinforzare i tessuti arteriosi e venosi, quando in realtà una vena (o un’arteria) più grossa è più sensibile a rotture ed è anche pericolosa per i motivi di cui sopra. A voi l’ardua sentenza.
CONCLUSIONE
Per citare Katia Bianchi, le leggi biologiche sono una scienza della complessità. Nell’intervista effettuata ad Alessandro Brocculi, il ricercatore specificava come non bastasse andare a scoprire il senso biologico di un determinato organo in modo prettamente accademico, cercando all’interno di qualche libro ciò che qualcun altro ha scritto. Questo perché una vertebra è composta da diverse strutture e un osso non è un muscolo, come non è un legamento, come non è un disco. Ogni attivazione biologica va indagata nel profondo e più attenta è la ricerca dell’origine del conflitto, più facile sarà trovarne il senso biologico che, a mio avviso, è alla base di tutto.
È proprio vero. Il mesoderma recente mette a dura prova tutti quanti da qualsiasi punto di vista e Hamer aveva sicuramente ragione quando diceva che i tessuti regolati dalla sostanza bianca possiedono la peculiarità dell’adattamento. In realtà tutti i tessuti del corpo sono strutturati in maniera tale da permettere al corpo di auto-regolarsi, ma nel mesoderma recente questa caratteristica è fortemente accentuata. Non per niente, il tessuto che viene riparato è sempre in esubero, motivo per il quale Hamer definiva questi tessuti “organi di lusso” e le cellule esuberanti sono una dimostrazione di come il corpo abbia la capacità di adattarsi, in base ai dettami del cervello, per fare sì che il soggetto possa essere sempre in grado di affrontare qualsiasi situazione della vita con la quale entra in relazione.
Il senso biologico serve per introiettare i programmi biologici. Talvolta non riusciamo a comprenderli, ma questo non significa che il senso venga a mancare perché in natura non c’è nulla che avvenga senza uno scopo. Piuttosto, possiamo dire di non essere in grado di comprenderli o ancor peggio di non volerli vedere.