DISTURBI PSICHICI
Esiste una gamma di patologie che viene classificata sotto la definizione di “malattie mentali”. Si tratta di una serie di manifestazioni comportamentali che vengono considerate fuori dall’ordinario e in quanto tali vengono trattate con cure mediche specifiche. Ciò nonostante, la stessa medicina convenzionale oggi stigmatizza molto tutto ciò che gravita intorno a questo tema, vagliandolo come qualcosa di totalmente discostato rispetto alle più conosciute malattie “fisiche”. Da un certo punto di vista, lo si può considerare anche plausibile in quanto l’osservazione di un melanoma è sicuramente più accessibile in termini di risultati empirici rispetto ad un attacco di panico. Il primo è verificabile in modo immediato tramite una serie di esami clinici specifici e tra l’altro, nella maggior parte dei casi, lo si può esaminare anche ad occhio nudo. Contrariamente, un attacco di panico non è qualcosa che si può toccare o definire a parole, talvolta anche vivendolo in prima persona.
Posso farmi un’idea di cosa significhi avere un raffreddore, ma non posso provare cosa significhi essere bulimici oppure avere delle allucinazioni. Persino le compagnie assicurative sono riluttanti a fornire polizze che coprano spese relative a disturbi psichici. Un’assicurazione sugli infortuni può coprire una frattura ossea, ma il fatto di trovarsi in difficoltà quando ci si trova in luoghi affollati come lo si può spiegare in termini pratici?
Bisogna considerare inoltre che molti “disturbi” - come per esempio l’ansia o la tristezza - sono intercettabili nel comportamento di tante persone e in virtù di questo la comprensione del fatto che si tratti effettivamente di qualcosa di limitante o “anomalo” risulta spesso difficile. Si tratta pertanto di uno spettro d’analisi tanto “fumoso”, quanto sottile nella molteplicità delle sue possibili sfaccettature.
Tuttavia, con l’occhio vigile delle leggi biologiche è possibile osservare questi processi nella stessa maniera in cui viene analizzato un foruncolo, così come un cancro al collo dell’utero o una mastite al seno. I disturbi psichici non sono altro che programmi biologici sensati e in quanto tali hanno una loro eziologia e un loro decorso. Nel nostro vocabolario, rientrano nell’ambito delle costellazioni schizofreniche e possono assumere un aspetto diverso in base al percepito emotivo del soggetto di fronte ad un determinato avvenimento della vita.
In questo articolo voglio addentrarmi nelle costellazioni della corteccia ormonale peri-insulare, in quanto una parte dei temi che mi appresterò ad affrontare sono già stati descritti negli articoli dedicati alla bilancia ormonale e all’ectoderma. Come ho già scritto nei precedenti articoli, le costellazioni schizofreniche ad oggi segnalate ufficialmente dal dott. Hamer sono circa cinquecento, tuttavia ulteriori approfondimenti e ricerche sul tema sono susseguiti - e tutt’ora proseguono - anche dopo la sua morte. Il fatto che ogni soggetto sia inconfutabilmente diverso da ogni altro fa sì che uno stesso tipo di costellazione schizofrenica si manifesti con sfumature diverse tra un individuo e l’altro. In virtù di ciò lo studio di questa branca di Nuova Medicina risulta essere oggi certamente difficoltoso, ma ci permette di comprendere meglio i processi elettrochimici messi in atto dal nostro cervello per mantenerci in vita.
PERI-INSULE
Abbiamo visto come da un punto di vista ormonale ogni individuo abbia una dominanza cerebrale. Le aree peri-insulari del lobo temporale destro sono deputate alla produzione degli ormoni maschili e in particolar modo del testosterone, mentre quelle del lobo temporale sinistro regolano la produzione degli ormoni femminili e degli estrogeni. Biologicamente ogni mammifero nasce con una predisposizione ad accogliere gli eventi della vita sotto l’influsso dell’uno o l’altro ormone e questo naturalmente determinerà un quadro comportamentale ben preciso. Un uomo destrimane che biologicamente vive la sua quotidianità sotto l’influsso del testosterone avrà la peculiarità di essere più orientante, risoluto e predisposto a ruoli di comando, mentre un mancino, sotto l’influsso biologico degli estrogeni, tenderà a rispondere in modo più strategico e lento. La donna mancina avrà caratteristiche più simili al maschio destrimane, mentre la donna destrimane avrà caratteristiche più vicine all’uomo mancino.
Abbiamo anche visto come la natura abbia predisposto la possibilità di “danzare” da un emisfero all’altro, ogni qual volta il soggetto viva un conflitto biologico nell’ambito del territorio. Un maschio destrimane che vive un evento come la perdita del territorio, come può essere per esempio la perdita del posto di lavoro o un allontanamento dalla propria dimora per motivi legali, “danzerà” nell’emisfero opposto, dove gli estrogeni gli permetteranno di osservare quell’evento con un atteggiamento più climatico e femminile. Nel momento in cui quel conflitto verrà risolto, ovvero non sarà più vissuto come acuto, drammatico, isolato e scioccante, il soggetto sarà pronto per “tornare” nel suo ruolo biologico, ovvero sotto l’influsso del testosterone.
Questo processo viene definito nel nostro ambito come “depressione”, ma non bisogna confonderla con lo stato depressivo che tutti a grandi linee conosciamo. Nel vocabolario delle leggi biologiche, con questo termine si indica la “danza” dall’emisfero del testosterone all’emisfero degli estrogeni e questo processo riguarda anche le donne mancine. È esattamente ciò che accade in un branco di lupi, quando nella lotta per il territorio il lupo perdente abbassa la testa accogliendo il ruolo di Beta all’interno del branco. Non è una condizione di invalidità, bensì una possibilità che la natura mette a disposizione al mondo animale per motivi di sopravvivenza.
È sempre bene ricordare che l’obiettivo ultimo del nostro cervello è la procrastinazione della vita e i programmi del neo-encefalo sono configurati specificatamente per la ricerca del piacere.
DEPRESSIONE
La depressione intesa come “disturbo psichico” è tutt’altra cosa, seppur facilmente spiegabile secondo la visione della Nuova Medicina Germanica. Viene ufficialmente connotata come “disturbo depressivo” e le modalità in cui essa si manifesta sono molteplici. Per questo motivo si parla di depressione maggiore, disturbo bipolare, distimia e molto altro ancora. Tuttavia, in questo frangente non ci è molto utile classificare ogni sfumatura con la quale questo disturbo si può palesare. Ci è altresì utile comprendere innanzitutto il significato della parola “depressione”, sostantivo derivato dal verbo “deprimere”, ovvero l’atto di “portare qualcosa ad un livello più basso”. La depressione è pertanto una condizione di schiacciamento, inerzia e mancanza di movimento. Se andiamo a leggere i dati, l’Istat ci riporta quanto segue in uno studio condotto qualche anno fa:
La depressione è il disturbo mentale più diffuso: si stima che in Italia superino i 2,8 milioni (5,4% delle persone di 15 anni e più) coloro che ne hanno sofferto nel corso del 2015 e siano 1,3 milioni (2,5%) coloro che hanno presentato i sintomi della depressione maggiore nelle due settimane precedenti l’intervista. Rispetto alla media dei paesi europei, in Italia la depressione è meno diffusa tra gli adulti e tra i 15-44enni (1,7% contro 5,2% media Ue28) mentre per gli anziani lo svantaggio è di 3 punti percentuali (fonte: https://www.istat.it/it/archivio/219807)
Come vedete, stiamo parlando di numeri molto significativi e in correlazione ai disturbi depressivi deve essere considerato anche un altro dato purtroppo rilevante, ovvero il tasso di suicidi. In Italia, si aggira intorno ai 4000 casi all’anno e la maggior parte si concentra nel Nord-Italia. La cosa curiosa è che la quantità di casi di suicidi fra gli uomini è inversamente proporzionale alla densità di popolazione e ciò evincerebbe una maggiore vulnerabilità a “fattori sociali ed economici avversi associati a una minore densità di popolazione” (fonte: https://www.epicentro.iss.it/mentale/giornata-suicidi-2020-fenomeno-suicidario-italia).
Facciamo ora un passo indietro verso la nostra amata Biologia Umana ponendoci la seguente domanda:
Cosa significa “vivere”?
Una persona depressa non riconosce più il senso della vita, talvolta svolgendo pedissequamente ogni singola task che la quotidianità prevede, come portare il figlio a scuola, andare a lavorare, preparare la cena o fare la spesa. Il soggetto si muove in automatico, senza però comprendere il senso di tutto ciò che fa. Qual è il senso biologico della vita allora? Lo abbiamo in parte già approfondito in molti articoli precedenti, ma vedrò di riassumerlo nuovamente in poche righe di articolo.
Primo motivo fra tutti è naturalmente l’alimentazione. Il boccone e la protezione arcaica sono ciò che il nostro paleo-encefalo ricerca di continuo al fine di mantenerci in vita. Dobbiamo nutrirci per mantenere in vita quel fenomenale contenitore biologico che è il nostro corpo.
Secondo motivo: il territorio, ovvero il riconoscimento individuale e sociale dell’individuo. In questo senso, è molto significativo il fatto che il tasso di suicidio aumenti laddove c’è meno densità di popolazione. Forse all’interno di una comunità è più facile definire il proprio ruolo sociale e quindi acquisire un riconoscimento? Lo scopriremo.
Terzo motivo, non per questo meno importante dei primi due, è l’identità sessuale. Territorio e identità, come abbiamo già scoperto, sono “sotto la giurisdizione” delle zone peri-insulari della corteccia cerebrale e sono legati rispettivamente alla produzione di testosterone ed estrogeni. Tutto il mondo animale, nessun caso escluso, si muove secondo una bilancia ormonale che regola la produzione di questi due ormoni al fine di gestire relazioni e territorio. Nel momento in cui non c’è più un territorio da difendere o il soggetto non si sente utile per la difesa dello stesso, ecco che il senso della vita viene meno.
A livello cerebrale, le due aree che vengono coinvolte in questo tipo di conflitto si trovano rispettivamente a destra, dove troviamo un particolare rélais che regola l’intima delle arterie coronarie, mentre a sinistra troviamo il rélais che regola l’intima delle vene coronarie negli uomini e la mucosa di epitelio piatto del collo dell’utero per le donne. Adiacenti a queste due aree, troviamo rispettivamente nell’emisfero di destra l’area che regola il rallentamento del battito cardiaco, motivo per cui quando vengono “attivate” le arterie coronarie si ha bradicardia nelle fasi attive del conflitto, mentre nell’emisfero di sinistra troviamo l’area che regola l’accelerazione del battito cardiaco, per cui quando vengono attivate queste aree si manifesterà tachicardia. Il conflitto nell’emisfero destro è pertanto quello della perdita del territorio, mentre quello dell’emisfero sinistro è quello della frustrazione sessuale (eccetto per i mancini che fanno esclusivamente conflitti maschili).
POST-MORTALE
Cosa accade quando una persona vive due conflitti di questo tipo? Le due zone interessate, ciascuna nel proprio emisfero, vengono “paralizzate” in una situazione di stallo elettrico, dando vita a quella che abbiamo conosciuto come “costellazione schizofrenica”. Le due aree, infatti, sono abbastanza distanti da creare una polarità e come conseguenza di ciò si avrà anche un crollo della produzione di serotonina, conosciuta anche come “ormone del buonumore”.
Biologicamente questo processo ha il senso di eliminare tutti i soggetti che non hanno un territorio e la conseguenza, in termini pratici, è la tendenza alla ricerca del suicidio o eventualmente ad una lenta auto-eliminazione. Nel vocabolario delle cinque leggi, si tratta della così detta costellazione post-mortale, nella cui condizione il soggetto tenderà a pensare a temi legati alla morte e a ciò che potrebbe accadere dopo di essa.
I soggetti in questione si interessano a temi quali la reincarnazione, il proprio funerale o come potrebbe proseguire la vita del partner dopo la propria morte, eventuali “rimpiazzi” o ancora la salute e il sostentamento dei figli. Sono persone che si sentono superflue e inutili in ogni contesto di vita, pertanto non è raro che si atteggino a profeti dediti a salvare il mondo. In questi termini, il suicidio diventa un atto eroico. Qualcosa che nemmeno il comandante in capo del territorio sarebbe in grado di fare. Tuttavia, si tratta ancora una volta di un processo biologicamente spiegabile in quanto la natura non ha bisogno di “super-eroi”. Il soggetto in costellazione post-mortale tenderà anche a seguire temi legati all’al di là, alla metafisica e all’esoterismo. In generale tutto ciò che possa tenerlo lontano dal radicamento con la terra, compatibilmente alla sensazione di non poter gestire un territorio. Ovviamente, le modalità con cui questa costellazione si manifesta possono variare a seconda delle oscillazioni della bilancia ormonale, con conseguente modificazione del tenore dei due conflitti (depressivo se più intenso a destra, maniacale-suicida se più intenso a sinistra).
I mancini nella costellazione post-mortale hanno un comportamento molto particolare che a mio avviso vale la pena sottolineare. Oltre ai già sopracitati cambiamenti di attitudine verso gli eventi della vita, sia i maschi che le femmine possono manifestare alterazioni nei comportamenti sessuali.
Una donna mancina che fa il primo conflitto di identità nell’emisfero di destra, si sposta nell’emisfero opposto diventando ancora più “femminina”. Qualora dovesse fare un nuovo conflitto e quindi attivare una costellazione post-mortale, possiamo avere il quadro della ninfomane, con caratteristiche più maniacali nel caso che il tenore del conflitto sia più intenso nell’emisfero di sinistra e quindi prevalga la mania, oppure con caratteristiche più depressive qualora il conflitto dell’emisfero destro sia più importante. La femmina mancina tenderà a cercare uomini in modo ossessivo, ma senza una vera necessità di accoppiamento. In realtà è frigida e non sente alcun coinvolgimento emotivo.
Il maschio mancino, quando attiva il primo conflitto nel proprio emisfero di sinistra, “si sposta” nell’emisfero opposto acquisendo comportamenti maniacali da super-uomo. La diminuzione delle produzione di estrogeni lo porta a perdere le sue peculiarità climatiche e femminine e allo stesso tempo non sarà più in grado di gestire relazioni. Non è pertanto nelle condizioni di fare il capo, né tanto meno il subalterno. Qualora dovesse vivere un nuovo conflitto nell’emisfero di destra, avremo il quadro del “Casanova”. Egli non sarà più un super-uomo, bensì un maschio piacevole, gentile ed attraente, ma tuttavia incapace di tessere relazioni con un vero e proprio coinvolgimento affettivo. Diventa particolarmente intelligente e strategico e per questo talvolta pericoloso. Il Casanova può essere un abile intrattenitore e quindi anche adatto a ruoli secondari, tuttavia pronto a sferrare il “colpo letale” al momento opportuno. In molte pièce teatrali del settecento tedesco questa tipologia di mancini è stata spesso ottimamente rappresentata. Ne è un esempio il Marinelli dell’Emilia Galotti di Lessing, il quale intesse un’intricata ragnatela dentro la quale tutti i personaggi vengono inevitabilmente fagocitati.
Troviamo il personaggio di Mefistofele nel Faust di Johann Wolfgang von Goethe, il quale instaura un patto con il protagonista per ingannare una giovane donna. Il Casanova è la quintessenza del suggeritore di corte, colui al quale tutti porgono la propria fiducia aumentando inesorabilmente il suo potere.
LA NATURA SOPRA A TUTTO
Come ormai vi sarete abituati a notare, le lenti delle leggi biologiche ci donano uno spaccato totalmente inedito di tematiche che per anni siamo stati abituati ad analizzare con pensieri precostituiti.
L’approfondimento dei super programmi del cervello ci permette di aumentare il campo di osservazione e sviluppare una serie di ragionamenti su ciò che realmente il soggetto affetto da disturbi di natura psichica esperisce in un determinato momento della propria vita.
Pur non essendo io un esperto della materia, sono perfettamente conscio del fatto che il trattamento di tali disturbi sia inimmaginabilmente difficile. Un qualsiasi esperto della materia impegnato nella lettura di questo articolo comprenderà sicuramente ciò a cui mi sto riferendo. Ritengo tuttavia che la “presa di coscienza” rappresenti ancora una volta la condizione necessaria per poter fare un lavoro efficacie su di sé. Acquisire la consapevolezza che si tratta ancora una volta di programmi biologici sensati e che in virtù di questo non vanno demonizzati, è l’unico modo per liberarsi dalla paura ed incarnare totalmente questi processi che sono atti unicamente alla nostra sopravvivenza. È un percorso lungo e tortuoso, ma non per questo impossibile da intraprendere. Una ricetta che necessita di tre ingredienti principali:
Accettazione
Perdono
Lasciare andare..
Ciò che non è tuo: lascialo andare. Lasciarlo andare sarà la tua felicità.
L’unica cosa che ti rende infelice sono i tuoi pensieri. Cambiali.
Buddha